Scenario

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COSA SUCCEDE IN EUROPA

Per la prima volta dall’inizio della rivoluzione industriale stanno succedendo alcune cose inedite.
LA POVERTÀ DIVENTA GENERAZIONALE. L’attuale generazione di trentenni/quarantenni di questa parte del mondo è la prima da oltre un secolo a vivere peggio della precedente. E lo stesso rischia di accadere, in peggio, per i giovani che si affacceranno in questi anni nel mercato del lavoro. Per la prima volta, la parola “povertà” assume un connotato generazionale oltre che sociale o geografico. Nel mondo in cui emergono le più grandi opportunità mai capitate, i primi a perdere la percezione e il senso del futuro sono proprio le nuove generazioni.

LAVORO E TECNOLOGIA. La quarta rivoluzione industriale e l’alba dell’intelligenza artificiale aprono scenari inediti per il lavoro: in alcuni Paesi – quelli che hanno investito in capitali sociali ed umani e hanno saputo attrarre investimenti – i sistemi produttivi si rinforzano e l’occupazione cresce. Ma in molti altri la tecnologia spiazza e sostituisce posti di lavoro ad alto valore aggiunto, lasciando sempre più spesso agli umani quelli a più bassa intensità intellettuale: questa è una dinamica non presente nelle precedenti rivoluzioni industriali.

IL LAVORO NON FINISCE, RISCHIA DI PERDERE VALORE? Il lavoro vive una polarizzazione pericolosa.

Da un lato, rischia di valere sempre meno, e il valore si crea altrove: dalle rendite finanziarie e dagli algoritmi, ma anche dallo sfruttamento di grandissime masse di dati che stanno diventando un fattore di dominanza che va attentamente osservato. L’economia digitale rende più complesso individuare il momento in cui si crea effettivamente “il valore”, riducendo i confini tra fruitore/utilizzatore e erogatore/produttore di servizi/beni. E il mercato assiste al consolidarsi di posizioni dominanti delle grandi piattaforme tecnologiche che sentono assai meno del passato la pressione concorrenziale.
Dall’altro lato, laddove ci sono investimenti produttivi, formazione e una diffusa cultura del “fare” come motore di cambiamento, ci sono segnali opposti: aumenta rapidamente l’ingaggio cognitivo della persona nel lavoro (anche quello industriale) ed è proprio la dimensione umana che aggiunge valore al lavoro, valorizzando anche la partecipazione dei lavoratori nell’impresa.

COSA SUCCEDE IN ITALIA

MANCA UN NUOVO PENSIERO DEL LAVORO. In Italia – paese manifatturiero e “repubblica fondata sul lavoro” – oggi non c’è una visione pro-lavoro che guardi al futuro con la capacità di rispondere alle sfide di un modello economico cambia. Anche gli sforzi recenti della politica (con alcune eccezioni, come l’enfasi sulle politiche attive e sul welfare aziendale) appaiono in gran parte legati al Novecento. Le categorie giuridiche e interpretative del secolo scorso sembrano meno adeguate del foglio bianco ad interpretare i futuri modelli di produzione e il nuovo lavoro.

SI DIFFONDE UN PENSIERO POST-LAVORO. Una visione opposta invece si sta facendo strada: quella per cui il lavoro finirà, e sarà necessario sostituirlo con un reddito di base attribuito a tutti i cittadini dallo Stato. Una visione che unisce tre matrici:

La matrice web-centrica delle grandi piattaforme digitali (Google, Facebook ecc), per le quali il valore è creato dalla persone non producendo beni e servizi, ma condividendo gratuitamente dati sul web, da cui le stesse piattaforme estraggono valore.
La matrice statalista, per cui ai bisogni dei cittadini provvede la macchina statale: una matrice vecchia di oltre un secolo, ma sempre molto vitale, soprattutto in Italia, dove si torna a parlare di “stato occupatore di ultima istanza”.
La matrice consumeristica, per cui l’essere cittadini si concretizza nel mantenere un reddito, non un lavoro, per consumare beni e prodotti – non nel rimanere produttori. Il rischio qui è quello di una democrazia di consumatori, che prescinde dalle forme di identificazione e socializzazione che per tutta la civiltà moderna sono state date dalla partecipazione alla creazione di valore sociale tramite il lavoro.
La fusione di queste tre matrici è pericolosa, perché crea le condizioni per consegnare a pochissimi le chiavi della creazione del valore e si lascia alle spalle il più efficiente strumento di mobilità sociale che l’Occidente ha avuto a disposizione negli ultimi secoli – il lavoro, appunto.

Leggi : IL RUOLO DI “AL LAVORO”